Metodo anarchico ed animalismo

Dal remoto 2002 (il testo è tratto dal giornale Contropotere – anno 1, numero 4, settembre 2002) alcune considerazioni sul rapporto anarchia – antispecismo. A giudicare dallo stato delle cose attuale non si sono fatti molti passi avanti.


Fonte: www.ecn.org/contropotere/press/71.htm

Anarchismo e specismo? Due termini che stridono fra loro: semplicemente, l’uno esclude l’altro. La questione animalista è un problema scomodo da porsi… Troppo ben abituati, troppo viziati dall’opulento mercato-fabbrica delle abitudini per poter di colpo rinunciare all’alimentazione ed altre consuetudini cominciando a considerare gli animali come esseri viventi, coscienti, liberi… Se come anarchici abbiamo rintracciato nella gerarchia un male e ci rendiamo conto di quanto questa sia presente nel vivere moderno, non tutti hanno ancora individuato la più grande, la più presente delle oppressioni, tanto accettata e giustificata da non suscitare nemmeno l’attenzione dei più… Stiamo parlando di una forma di discriminazione biologica: non è il razzismo, ma lo specismo. Stiamo parlando di un dominio e di una lotta che può vedere come unico vincitore il soggetto più forte ed avanzato. Animali allevati per diventare servi, animali torturati per la scienza, animali uccisi per vestirci, animali uccisi per sfamarci, animali uccisi per divertirci.

Bistecche e latticini, lussuriose pellicce, tortura, vivi-sezione e test clinici, circhi e corride, animali-oggetto nelle case dei ricchi borghesi… In nome di cosa? In nome dell’Uomo. Quando espongo le mie idee a molti compagni che si definiscono ”anarchici”, sostenendo che l’uguaglianza deve essere estesa come principio a tutti gli esseri portatori di libertà, e non solo all’uomo, mi trovo di fronte il più delle volte a giustificazioni infantili, ad attacchi ed accuse senza senso, il più delle volte a risposte tipicamente borghesi.. le stesse che ti dà il padrone quando critichi il capitalismo: ”E’ la legge di natura..”, dicesi darwinismo sociale.
C’è chi nega la libertà e coscienza degli animali attaccandosi ancora a macchine-biologiche di cartesiana memoria o a creature senz’anima volute così perché noi potessimo disporne a nostro piacere.. Altri tirano fuori le contestazioni più assurde: ”..e le piante?”, oppure ancora: ”La tua è un’utopia” (HaHa). Non credo siano queste le posizioni degne di risposta… Mi spaventa molto invece chi ritiene lo sfruttamento animale necessario alla vita dell’uomo. Questo mi fa molto dubitare su quanto la maggior parte dei sedicenti anarchici (non-animalisti) abbia compreso il concetto di anarchia… Ma questa uguaglianza è una religione che va di moda o un metodo? Serve a fare la libertà di tutti oppure la libertà di chi sta sopra? Io non ho mai sentito nessun dovere verso i più deboli né ho mai riconosciuto nessun ideale supremo che mi facesse da guida morale.. Nessun dogma infondato. Ogni mio comportamento, la mia stessa etica è un metodo che utilizzo perché mi conviene, è una scelta.
L’anarchia l’ho fatta radicare nel profondo del mio istinto e si è ora consolidata come abitudine, ma ha una utilità ben precisa, perchè sono convinto che la libertà degli altri sia la mia libertà. Questo metodo ha alle spalle la convinzione che la maggior parte dell’agire umano non sia frutto di una natura biologica predeterminata, di un’eredità genetica intrascendibile (sebbene questa componente sia presente), ma il risultato di simulazioni, ripetizioni di idee, movimenti, gestualità ed atteggiamenti, critiche, decostruzioni e riassemblamenti arbitrari di numerose esperienze, perlopiù percepite nell’agire dei propri simili. L’identità , la personalità, il pensiero di un uomo altro non sono che il risultato di innumerevoli esperienze vissute nell’altro e da lui assimilate (basti pensare all’apprendimento nei primi anni dell’infanzia: noi copiamo i nostri genitori e li prendiamo come modelli, in seguito, trovandoci di fronte modelli diversi, acquisiamo gradualmente sempre più libertà ed autonomia che contribuirà alla nostra autodeterminazione..) Ma se partiamo dal presupposto che l’uomo è un prodotto sociale ci rendiamo subito conto di quanto sia stupido opprimere i propri compagni…
Gli altri sono la nostra ricchezza! Con loro comunichiamo idee, scambiamo emozioni e sentimenti, amore e sofferenza, apprendiamo tecniche e ci compiaciamo della loro solidarietà così come ci rattristiamo del loro odio… Se gli uomini che stanno intorno a me non sono liberi nemmeno io lo sarò: come potrà la mia intelligenza fiorire fra gli ignoranti? Come potrà il mio cuore riscaldarsi nel ghiaccio della tristezza dovuta alla schiavitù? Come potrà la mia libertà nutrirsi vedendo ovunque degli oppressi? Da questo ragionamento consegue che l’anarchismo non si è originato come solo movimento di liberazione negativa, cioè dal dominio che si subisce, ma come una forma di radicalismo che vede nel concetto stesso di potere un disvalore in quanto tale. Non c’è libertà né nell’oppresso né nell’oppressore, ma solo nel metodo del mutuo appoggio e in uno spazio di uguaglianza libera e solidale. Continuare a ritenere necessario il dominio dell’uomo sull’animale non è poi così diverso dal ritenere necessario il dominio dell’uomo sull’uomo. Il dominio è sempre comodo, ma mai e poi mai sarà portatore di libertà. A sentire tali affermazioni, il padrone mi riderebbe in faccia.. lo specista farà lo stesso. Per qualcuno è più importante una vasta disposizione di lavoro e corpi da usare a proprio piacimento piuttosto che la libertà di un fratello.. Gandhi diceva: ”Sento che il nostro progresso spirituale ci porterà inevitabilmente a smettere di uccidere gli animali per soddisfare esigenze materiali”. Pensiamo solo per un attimo a quanto rappresenta l’insieme del mondo animale, ed il suo rispetto, per la libertà di ognuno di noi: emozioni da scambiare, comportamenti da capire, copiare, criticare, personalità da emulare e da respingere, un progressivo abituarsi all’accettazione della diversità, progressivo autocollocamento in un universo di liberi ed uguali, una pratica di cooperazione, amore, mutuo appoggio… Secoli fa era così strano guardare in faccia un uomo dalla pelle scura: faceva paura da un lato, era considerato inferiore dall’altro, perché non condivideva i propri ”giusti” valori.
Era così difficile comunicare con chi non credeva nel tuo Dio, troppo diverso, troppo lontano… Arriverà il giorno in cui saremo abbastanza liberi ed aperti da abbattere questi pregiudizi ed impareremo il linguaggio degli animali, cosicché animali umani e non-umani potranno trarre ricchezza e libertà l’uno dall’altro.
“Verrà il giorno in cui gli uomini giudicheranno l’uccisione di un animale come essi giudicano oggi quella di un uomo”. (Leonardo DaVinci).

Albatros

Indirizzo breve di questa pagina: https://www.manifestoantispecista.org/web/T35Jk

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