Fonte Laboratorio antispecista
Nella sua importante pubblicazione del 1980 “Perché Guardare gli Animali?” il critico John Berger analizza il fenomeno della marginalizzazione degli animali nella moderna società capitalista all’interno della quale, secondo la sua analisi, gli animali sono diventati invisibili tanto che gli uomini non possono più vedere né concettualmente né percettivamente la loro autentica animalità.
La relazione umana con il mondo animale si è andata gradatamente riducendo poichè l’uomo ha relegato gli animali ad una funzione di merci, li ha degradati a unità della famiglia medio-borghese, li ha rinchiusi in parchi nazionali, riserve e giardini zoologici.
Come fare allora a far tornare visibili questi animali invisibili?
Come riportare gli animali al centro della vita sociale moderna?
Queste sono le domande che Berger si pone.
A rispondere a questi interrogativi, anche se in modo non diretto, si dedica Chris Philo nel suo volume“Animal Spaces, Beastly Places: New Geographies of Human-Animal Relations” (London: Routledge, 2000. 310 pages. ISBN: 041519847X) in cui riprende il tema dell’animale marginale attraverso una selezione di analisi di casi specifici.
Gli animali hanno certamente all’interno della società moderna degli spazi marginali a loro assegnati dall’uomo, ma sono anche agenti di costruzione dello spazio che influenzano e plasmano con il loro agire.
Quando parliamo di “luoghi” e “spazi” possiamo intendere ovviamente sia luoghi e spazi fisici che invece “spazi sociali” e in entrambi i casi interrogarsi sul controllo esercitato dall’uomo è complesso se si pensa che questo processo influenza simultaneamente entrambe le forme di vita, quella animale e quella umana.
Il testo esplora ampiamente le varie modalità di “collocazione” degli animali da parte dell’uomo.
Alcuni autori rispondono a questa domanda privilegiando un’analisi legata alla loro collocazione fisica, come Griffiths, Poulter o Sibley con il suo interessante studio sui gatti selvatici in ambienti urbani, altri invece analizzano l’ubicazione delle creature non umane nel sociale e nell’immaginario culturale come Wolch, Brownlow o Lassiter con il suo studio relativo a un gruppo di donne afro americane di Los Angeles e la loro conoscenza degli animali.
Tutti i testi pongono l’accento sul modo in cui lo spazio fisico in cui gli animali agiscono influenzi il loro ruolo sociale e viceversa e la provocazione di Philo e Wilbert che parlano di luoghi “animale-centrici” è tutt’altro che suggerita.
Suggeriamo questa lettura ricordando che la prospettiva d’analisi non risponde affatto a una visione strettamente etica. Non mancano esempi di collocazione di animali all’interno di zoo e simili, ma quel che riteniamo interessante e stimolante è il fatto che vanga analizzato, nell’ambito di uno studio geografico e scientifico, il ruolo degli animali nell’attuale società attraverso un approccio che mette strettamente in relazione l’agire umano con quello animale e entrambi con lo spazio fisico e sociale.
Questo tipo di analisi, non lontana dagli studi sul paesaggio e della relazione umana con questo già avanzata da alcuni rappresentanti del pensiero libertario, pone in essere un’interessante riflessione sulla relazione uomo-spazio, spazio-animale, uomo animale.
Un tema non da poco ai nostri tempi in cui le città diventano giorno per giorno meno vivibili per gli animali e conseguenzialmente sempre meno adatte anche all’animale umano, una lettura che spinge a riflettere anche sull’architettura e sulla progettazione degli ambienti, urbani e non, come specchio della visione sociale di chi vi si dedica e sulle conseguenze di questa attività.
Trovate QUI stralci del testo.