Fonte Veganzetta
La copertina del numero di settembre 2014 della rivista mensile di business Millionarie propone una ragazza bionda, sorridente e nuda, con il corpo completamente dipinto a mo’ di globo terracqueo, e con un cartello che le copre il bacino. Si potrebbe pensare alla solita trovata pubblicitaria sessista che usa il corpo delle donne per attirare l’attenzione (e lo è infatti), ma questa volta c’è anche un elemento in più che vale la pena analizzare: il cartello riposta in inglese la scritta “salva la Terra: diventa vegan“.
Che succede? Uno dei più famosi mensili italiani di business che si occupa di idee e risorse per lanciare nuove attività produttive, commerciali e speculative, si è trasformato in un opuscolo informativo sul veganismo? Nulla di tutto ciò.
Lo speciale dedicato a una fantomatica “rivoluzione vegana” consiste in una serie di indicazioni – sensate dal punto di vista capitalistico – sul come fare soldi sfruttando la moda dilagante del veganismo: “10 idee su cui puntare” suggerisce Millionarie. Dieci soluzioni per far soldi con le persone vegan. La trasformazione è compiuta, lo sdoganamento è totale: il veganismo non infastidisce o preoccupa più nessuno (tranne qualche dietologo o alimentarista prezzolato dalle aziende del comparto zootecnico o alimentare preoccupate della diminuzione di fatturato, o qualche regista in malafede in cerca di notorietà), l’idea vegan è una rivoluzione spuntata, innocua e accondiscendente, un fenomeno dilagante che interessa sempre più il mondo della produzione e del commercio, perché foriero di nuove opportunità per “fare soldi”. Nasce una nuova figura nel firmamento delle aziende della piccola e grande produzione: il vegan-consumatore (o la vegan-consumatrice per par condicio), una figura chimerica che fonde finalmente le caratteristiche del consumatore medio, con una patina etica che nobilita tutto ciò che ammanta: un prodotto vegano fa bene alla salute, alla Terra, agli Animali, e alle tasche di chi lo produce e lo commercializza a prezzi esorbitanti. Un consumatore “etico” dalla coscienza finalmente pulita e leggera, che può comprare e consumare con l’errata ma incrollabile convinzione che finalmente qualcosa di giusto viene fatto per gli altri, senza modificare di una virgola le nostre abitudini, senza rinunciare a nulla, e senza mettere in discussione l’impianto di base di una società del dominio, dei consumi e dello sfruttamento, che approfitta di ogni nuova occasione – anche quelle che vengono impropriamente chiamate rivoluzioni – per trarre nuovi stimoli per prosperare.
Chi pensa che questo sia l’inevitabile scotto da pagare per modificare il nostro rapporto con altri Animali, sbaglia enormemente, basti pensare per esempio a cosa significa l’olio di palma per milioni di Animali cacciati dalle loro zone di origine, uccisi o imprigionati, il tutto per ottenere uno degli ingredienti immancabili anche nella formulazione dei prodotti vegan; senza parlare poi delle devastazioni ambientali, delle stragi di Animali e dello sfruttamento dei suoli causati dalle produzioni estensive e iper-meccanizzate di vegetali per l’alimentazione umana.
Un sistema basato sull’interesse economico, e non sull’individuo non potrà mai essere un sistema giusto ed equo con i viventi, ciò a prescindere che esso sia contraddistinto da una pratica vegana o meno. Il vegan-consumismo nato e foraggiato per scopi quasi esclusivamente egoistici (la nostra salute, la nostra forma fisica, la lotta alle nostre cosiddette malattie del benessere, l’ecosistema da tutelare perché utile alla nostra sopravvivenza), diviene l’elemento cardine di un nuovo tipo di capitalismo: il vegan-capitalismo, basato su premesse etiche di facciata (e quindi ancora più pericoloso), ripulito e votato, come sempre, al guadagno.
Millionaire tutto ciò lo ha capito bene, come lo hanno già capito in molte/i; chi ancora stenta a capirlo paradossalmente sono le persone vegane, così felici e soddisfatte di trovare finalmente un’alternativa percorribile all’alimentazione carnea, inconsapevoli del fatto che stanno divenendo meramente una nuova categoria di consumatori da soddisfare in una società sempre più multiforme e sfaccettata, ma che obbedisce sempre e solo alle medesime ferree logiche di sempre. Con il veganismo molte persone, gruppi e azienda faranno soldi a palate, chi non starà meglio saranno come sempre gli Animali (ammesso e non concesso che la loro sorte davvero interessi alle nuove moltitudini di vegan) che, se non perderanno la vita in un macello, la perderanno in altri modi, o saranno costretti a vivere miseramente come prima seppur (forse) in numero ridotto rispetto alle ecatombi attuali. Ma questo – qualora effettivamente si avverasse – è davvero ciò per cui abbiamo lottato per tanto tempo? E’ realmente ciò che Donald Watson fondatore del veganismo moderno (etico e non dietetico) sperava? Sicuramente no. Per sua fortuna è morto da tempo, e si è risparmiato la pena di assistere a una deriva, che sa tanto di svendita al miglior offerente, di un’idealità.