«Siamo stati invitati nel reparto macellazione».
Questo è lo sconcertante titolo di un post1 pubblicato nella pagina facebook del gruppo Animal Save Movement il 12 gennaio 2020.
Il testo del post viene riportato integralmente di seguito tradotto in italiano da Pasquale Stigliano per Veganzetta, questo perché è opportuno che venga letto, se non altro per poter comprendere appieno la gravità della condizione in cui versa il cosiddetto movimento per la liberazione animale ai giorni nostri.
Siamo stati invitati nel reparto macellazione
Mercoledì scorso, Neuchâtel Animal Save ha ricevuto un sms dal gestore del macello locale, che ha invitato 3 di noi a entrare nel mattatoio durante lo svolgimento della macellazione!!
HANNO RECISO LE GOLE A 60 MAIALI E 2 MUCCHE IN NOSTRA PRESENZA! È stata per noi l’esperienza più straziante che possiate mai immaginare. Individuo dopo individuo, sono stati storditi, sventrati, bolliti e scuoiati. Era evidente come ci guardavano, gridando aiuto nonostante non potessimo fare altro che stare lì ad osservarli morire, testimoni della loro sofferenza.
IL GIORNO DOPO, ancora confusi su ciò cui avevamo assistito la notte precedente, abbiamo ricevuto una telefonata dal direttore che ci informava di come a nessun operatore fosse sfuggito che gli animali non erano mai stati tanto calmi durante la macellazione. Normalmente, oppongono resistenza dopo che i primi sono stati uccisi, e gli altri reagiscono alle loro urla e sofferenza. Tuttavia, stando alle sue stesse parole, per quella notte la presenza degli attivisti ha trasformato l’energia del posto.
CONTINUEREMO A RENDERE TESTIMONIANZA. A prescindere da quanto sia difficile per noi, gli individui non umani meritano di essere riconosciuti ed amati individualmente almeno una volta nella vita, anche se solo poche ore o secondi prima che vengano derubati della loro vita. Non ci fermeremo.
Animal Save Movement nasce nel dicembre del 2010 in Canada come evoluzione del gruppo locale Toronto Pig Save, assumendo ben presto rilevanza internazionale con gli attuali 660 gruppi presenti in numerosi Paesi del mondo. Tra di essi c’è anche per l’appunto il gruppo svizzero Neuchâtel Animal Save, destinatario dell’incredibile invito di cui parla il post tradotto dall’inglese.
Animal Save Movement si autodefinisce nel suo sito web ufficiale un movimento antispecista finalizzato alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla situazione degli Animali cosiddetti “da allevamento”, alla divulgazione del veganismo e alla costruzione di un movimento di base per la giustizia nei confronti egli Animali. Motivazioni del tutto condivisibili nella teoria, che però sono perseguite attraverso attività inaccettabili come ad esempio assistere in prima persona all’uccisione degli Animali rimanendo del tutto passivi, come accaduto in Svizzero in questo caso. Se è vero che l’azione è diretta conseguenza della teoria, allora è più che opportuno porsi delle domande.
Ci si potrebbe chiedere per esempio quanti gruppi, realtà o collettivi che si definiscono antispecisti hanno ricevuto un messaggio, inviato direttamente dal responsabile di un macello, contenente un invito a presenziare ad una macellazione di Animali. Il messaggio veicolato dall’sms e ancor più la presenza dei tre attivisti “antispecisti” durante la macellazione, rappresentano senza ombra di dubbio la negazione di qualsivoglia istanza antispecista o anche solo liberazionista. Essere invitati a presenziare – anzi a “testimoniare” come ama affermare Animal Save Movement – ad una macellazione senza poter dire o fare nulla se non farsi fotografare, non solo è a tutti gli effetti un atto cinico, ma è la rappresentazione del fallimento di qualsiasi progetto comunicativo di natura anche solo animalista. Fallimento derivante in questo caso da un’errata comprensione non solo della filosofia antispecista (alla quale il movimento dichiara di ispirarsi), ma anche delle più elementari basi dell’attivismo per la liberazione animale e della lotta nonviolenta che il movimento afferma di aver adottato.
I tre attivisti di Neuchâtel Animal Save invitati al macello possono essere facilmente paragonati al religioso che accompagna il condannato a morte umano al patibolo: lo conforta, lo rassicura, lo tranquillizza, cercando di rendere l’inevitabile esecuzione meno dolorosa possibile (e più semplice da gestire); ciò senza minimamente discutere l’atto dell’esecuzione che diviene ai suoi occhi evidentemente inevitabile. Il gesto dei tre attivisti, è riconducibile a un gesto religioso e alla ritualità che lo contraddistingue. I tre ragazzi svizzeri sono stati invitati ad assistere alla macellazione di sessantadue Animali, proprio perché il loro approccio a tale massacro legalizzato è sostanzialmente quello di uno spettatore passivo che si limita a sperare – a credere – che la sua sola presenza fisica e la solidarietà dimostrata nei confronti degli Animali condannati, possano miracolosamente redimere i macellatori, facendoli intraprendere un percorso di cambiamento, e dare dignità alle vittime. Nell’ottica di questa “testimonianza” non è previsto alcun gesto di resistenza (seppur passiva) o di ostacolo all’uccisione programmata. La presenza dei tre giovani nel macello è stata una presenza totalmente innocua.
Dunque è possibile pensare che sessantadue Animali sono stati “sacrificati” non solo per corrispondere alle esigenze commerciali della società specista, ma in funzione dei tre attivisti “antispecisti” che con il loro approccio pseudo-religioso, nulla hanno tentato se non “trasformare” l’energia del posto rendendo il lavoro dei macellai più facile e portando a termine la loro opera di “testimonianza”. Giustamente nel testo del post si parla dell’esperienza “straziante” che i poveri attivisti hanno dovuto vivere, non una parola invece sull’ingiustizia dell’esperienza ben più straziante e drammatica subita dai sessantadue Animali.
Un reale e coerente approccio antispecista, avrebbe indotto gli attivisti in questione perlomeno a tentare di bloccare, impedire, ostacolare l’uccisione di quegli Animali: proprio di quei sessantadue esseri senzienti che urlavano di paura. Ciò perché se concordiamo sul concetto che ogni soggetto senziente possiede un proprio valore intrinseco, esprime una propria volontà di vivere, ed ha il fondamentale diritto a farlo nei modi che meglio crede, allora compito di ogni antispecista è proprio riconoscere sempre e comunque tale diritto e rispettarlo in ogni modo possibile. Se questa posizione morale viene meno, è ridicolo anche solo parlare di attivismo per la liberazione animale. Dunque perché Animal Save Movement, che per come si comporta si potrebbe definire come un movimento pietista di stampo religioso, si ostina invece a dirsi antispecista?2
E’ opportuno anche aggiungere che accettare un invito del genere, presenziare a una macellazione senza nulla tentare e continuare ad avere rapporti diretti con individui che fanno di tale attività una professione, equivale sostanzialmente a una legittimazione del sistema di macellazione degli Animali. Peggio, gli operatori del macello divengono i referenti a cui rivolgersi per l’opera di “conversione” e al contempo gli Animali possono solo sperare di essere degnati di uno sguardo di considerazione nel momento della loro esecuzione. Il lavoro indispensabile di denuncia, di contrapposizione, di lotta, boicottaggio e di sensibilizzazione della società civile (mandante e causa prima di queste infinite uccisioni) manca. Il focus delle attività del movimento nel macello di Neuchâtel è stata la redenzione di chi infligge e il conforto di chi subisce sofferenza e morte, non certo la liberazione animale.
Questo lo ha compreso bene il responsabile del macello che è di certo un aguzzino di Animali, ma non uno stupido e che al danno ha aggiunto anche la beffa comunicando successivamente ai tre attivisti che gli Animali – grazie alla loro provvidenziale presenza – erano stati più calmi e si erano ribellati di meno alla vista dei loro consimili ammazzati. Dunque l’intervento dei tre “antispecisti” non solo non è servito a salvare la vita a sessantadue Animali, non solo non ha redento alcun operatore del macello (ad oggi non risulta), non solo non ha rappresentato una qualsiasi opposizione al sistema della macellazione animale, ma ha addirittura facilitato le uccisioni, annichilendo anche la residua resistenza degli Animali consapevoli della loro imminente fine. E’ fuor di dubbio che non stiamo nemmeno lontanamente parlando di un’attività antispecista.
Quanto accaduto nel macello svizzero con gli attivisti di Animal Save Movement non può a mio avviso nemmeno definirsi un atto compassionevole. Ciò che provano degli individui che assistono immobili all’assassinio di un essere senziente innocente, non è compassione, ossia condividere la sofferenza altrui – patire insieme – e inevitabilmente reagire come farebbe la vittima nel tentativo di alleviare tali sofferenze, ma è pietà; vale a dire un sentimento di solidarietà e vicinanza nei confronti di chi soffre, un ossequio a chi subisce, che si può permettere chi non si trova nella condizione della vittima e vive le sue sofferenze dal di fuori, al sicuro, assistendo. Va da sè che l’antispecismo non ha alcun bisogno del pietismo che ancora una volta stabilirebbe delle gerarchie, ma di compassione, empatia e azione.
Come le veglie di preghiera fuori ai cancelli delle prigioni degli Stati Uniti d’America dove si compiono esecuzioni capitali, non servono alla lotta contro la pena di morte per gli Umani, ma rappresentano solo gesti di umana pietà, così attività come quelle di Animal Save Movement potranno al massimo pulire un po’ le coscienze degli attivisti stessi, ma lasceranno integro e funzionante il sistema industriale di uccisione degli Animali. Ciò è in tutta evidenza un problema del movimento in questione, che è libero di agire ed esprimersi come crede, a patto che non spacci quel che fa per attivismo antispecista, contribuendo a danneggiare (come se ce ne fosse bisogno) l’idea antispecista stessa.
Animal Save Movement si considera infine un movimento nonviolento, ma la lotta nonviolenta non è mai stata e mai sarà pura passività e rassegnazione. La resistenza passiva come strumento di lotta è ben altro che accettazione muta dello status quo, basti pensare alle tre marce da Selma a Montgomery in Alabama effettuate dal Movimento per i diritti civili degli afroamericani nel 19653, oppure alla Marcia per il sale organizzata e guidata da Gandhi in India nel 19304. Questi sono ovviamente esempi famosi ed eclatanti, ma ritengo possano essere utili per evidenziare quanto la pratica nonviolenta sia stata fraintesa da gruppi come Animal Save Movement.
La cosa più triste è che a conclusione di tutta questa assurda vicenda rimarrà solo la fotografia dei tre attivisti svizzeri all’interno del macello, in attesa di assistere all’esecuzione degli Animali che ancora una volta non si vedono e dei quali a breve nessuno si ricorderà più. Di queste testimonianze facciamo volentieri a meno.
Adriano Fragano
Note:
1) Pagina facebook ufficiale dell’Animal Save Movement. Post del 12 gennaio 2020.
www.facebook.com/animalsavemovement/posts/1300466083487514
2) «Stiamo provando a contestare i nostri impulsi umani che ci portano all’odio e alla critica gratuita di persone che forse hanno semplicemente bisogno di AFFIDARSI A NOI, IN QUANTO ANTISPECISTI, per ricevere aiuto ed essere in grado di liberarsi da un lavoro che nemmeno amano, imposto loro dalla società. Ma soprattutto, gli animali necessitano che gli umani risuonino e comunichino un messaggio per raggiungere la LIBERTÀ TOTALE».
Traduzione dall’inglese della dichiarazione pubblica di Neuchâtel Animal Save del 15 gennaio 2020.
www.facebook.com/neuchatelanimalsave/posts/2625034717822403
Di seguito l’istantanea della versione francese del post originale del 15 gennaio 2020 (cliccare per ingrandire l’immagine).
3) https://it.wikipedia.org/wiki/Marce_da_Selma_a_Montgomery
4) https://it.wikipedia.org/wiki/Marcia_del_sale