Critica della tecno-cultura e della civilizzazione: gli atti della conferenza

Fonte Veganzetta


Di seguito il testo della conferenza tenuta da Mario Cenedese collaboratore di Veganzetta, il 13 dicembre 2013 a Treviso.
L’articolo compare nel numero 23, gennaio-febbraio 2014, del Quaderno dell’Associazione Eco-Filosofica


CRITICA DELLA TECNO-CULTURA E DELLA CIVILIZZAZIONE :  PROSPETTIVE  PER UN PARADIGMA  ANTISVILUPPISTA

(Relazione presentata al Corso di Ecologia del 13 dicembre 2013 – Scuole Martini – TV).

Si precisa che , oltre ad autori che fanno riferimento alla  Scuola di Francoforte quali Horkheimer, Adorno, Benjamin, Marcuse  e Anders, oltre a Foucault,  Debord,  Deleuze,  Ursula Le Guin, Luce Irigaray, Meillasoux, Sahlins e Clastres, Bataille, Virilio, Mumford, Freud, Heidegger, fanno da sfondo a questa dissertazione soprattutto i lavori di Enrico Manicardi ( Liberi dalla civiltà e L’ultima era, entrambi della Mimesise, in particolare, quelli di John Zerzan ( Il crepuscolo delle macchine, Nautilus). 

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Sono NO TAV ma non parteciperò alla vostra cena

no tav - Sono NO TAV ma non parteciperò alla vostra cena

Da Veganzetta


Sono NO TAV ma non parteciperò alla vostra cena

Care amiche e cari amici NO TAV,

ho ricevuto l’invito a partecipare alla vostra cena.

Sono NO TAV: partecipo a manifestazioni, assemblee, presìdi, banchetti, volantinaggi, finanzio i comitati locali comprando libri, indumenti, ogni sorta di gadget ma non parteciperò alla vostra cena per ragioni etiche che vanno aldilà della solidarietà per la causa e per i compagni arrestati. Sebbene lo scopo della cena sia apprezzabile, se non addirittura doveroso, quando mi arrivano inviti enogastronomici, li declino se presentano cibi animali. Non partecipo ad alcun banchetto in cui sono mangiati animali, tantomeno lo finanzio. E’ chiaro che allevare, cacciare, pescare, macellare e mangiare animali è legale quindi non siete criticabili per avere fatto qualcosa che non va e soprattutto non critico alcuno dei commensali della cena. Sono io che mi aspetto da ogni comitato NO TAV un messaggio diverso, una scelta che lasci fuori il menù “carnivoro”, come l’avete definito voi sull’invito, per una questione di principio. Ho notato che avete proposto la scelta veg e ciò è certamente apprezzabile ma per me resta un bicchiere mezzo vuoto perché per me non è importante tutelare il diritto dei veg a trovare cibo quando mangiano fuori casa, ma è importante tutelare il diritto degli animali a non essere mangiati. Finché la scelta veg resterà una “alternativa” senza diventare una “sostituzione” di cibo e prodotti animali, l’olocausto animale non si fermerà.

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200.000 motivi + 1…

Da Coordinamento Liber*Selvadec


200.000 MOTIVI +1…

Con tutti gli occhi la creatura vede
l’aperto. Solo i nostri occhi sono
come volti all’indietro e attorno ad essa,
trappole, poste tutte intorno
al suo libero uscire. Ciò che fuori é
noi lo sappiamo solamente dal volto
dell’animale.”
R. M. Rilke, Elegie duinesi

Questo particolare periodo dell’anno è tristemente noto per l’uccisione, negli allevamenti, di milioni di visoni: viventi che, negli ingranaggi di questo sistema, diventano oggetto, merce.
Nell’ultimo anno la situazione, per i visoni, è decisamente peggiorata: nuovi allevamenti, realizzati e progettati, si aggiungono a quelli già esistenti.
La realtà ci dimostra che l’allevamento dei visoni è tutt’altro che in crisi: il settore cresce di anno in anno e le previsioni e le speranze dell’AIAV (Associazione Italiana Allevatori Visone) sono che, nei prossimi anni, decuplicherà addirittura.
Si stringe, anche in questo comparto del “Made in Italy”, un insidioso sodalizio tra “tradizione”, “economia globale” e “ecocompatibilità”.
Nel solco della “tradizione” i consolidati sistemi di allevamento di altri animali si incontrano con le nuove forme dello sfruttamento: sempre più tecnologiche e più “rispettose” del benessere animale.

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Antispecisti quindi vegani: dossier vegan

Da Veganzetta un dossier di sicuro interesse:

 

futuro vegan - Antispecisti quindi vegani: dossier vegan

 

Antispecisti quindi vegani – Dossier vegan
Il dossier che potrete leggere scaricandolo al link di seguito in formato PDF è un estratto dell’originale pubblicato su A Rivista anarchica n° 353 del maggio 2010 a cura di Troglodita Tribe e con testi di Adriano Fragano, Filippo Trasatti e Massimo Filippi.

Buona lettura

Antispecisti quindi vegani – Dossier vegan (800 Kb)

Fedeli alla linea

Da Veganzetta n° 7 / 2013

mosca - Fedeli alla linea

illustrazione di Emy Guerra

Essere, o rimanere, fedeli alla linea significa non cambiare, non rinnegare ciò che si è, e continuare con coerenza a seguire un pensiero, senza dogmatismi – certo – ma anche senza cedimenti o deroghe: pericolosi e inaccettabili tanto quanto i primi.
Per essere fedeli a una linea come gruppo, associazione o movimento è necessario ovviamente non solo che essa esista e sia palese, ma anche che sia riconosciuta e condivisa; questo di sicuro è un problema tangibile dell’antispecismo dei nostri tempi. È chiaro che è del tutto naturale che vi siano in seno all’antispecismo visioni, correnti e prospettive diverse che devono essere comprese e rispettate; è altrettanto chiaro che l’esperienza, l’elaborazione teorica e il contesto sociale, influiscono fortemente sull’idea antispecista e la plasmano trasformandola di continuo. A volte smussandone gli angoli, altre creandone di nuovi. Esistono però degli elementi che è quasi impossibile modificare o porre in discussione, o in secondo piano, pena un completo smarrimento identitario, come per esempio la ferma volontà di porre fine alla violenza, allo sfruttamento e all’uccisione degli Animali.
Possiamo quindi individuare mille sfumature dell’antispecismo, o considerare mille definizioni dello stesso a seconda della persona, del gruppo o dell’associazione che l’esplicita, ma non è possibile considerare l’antispecismo come filosofia contraddistinta dalla coerenza e dalla spinta rivoluzionaria, privandolo di una delle sue linee fondamentali: per l’appunto la lotta contro la violenza nei confronti degli Animali.
Non a caso si parla di lotta contro la violenza perché in definitiva il controllo – il possesso – dei corpi degli altri (la segregazione, le mutilazioni, la riproduzione forzata, la selezione artificiale…) avviene sempre e solo con l’uso di metodi coercitivi e violenti che l’Umano utilizza per sottomettere l’Animale e controllarne il ciclo biologico, non potrebbe del resto essere altrimenti. Ancora di violenza si tratta quando si esercita il dominio – ossia il potere derivante da una supremazia biologica, tecnologica, fisica o altro – su altri esseri senzienti potendone disporre a nostro piacimento, e decidendone le sorti cancellando ogni diritto e identità: anche il dominio è un atto di forza violento, anche quando la violenza non si palesa, ma ha sortito già i suoi risultati devastanti su chi subisce il dominio e ha perso la volontà di ribellione, la speranza di una fuga, la dignità.
Non è necessario, ovviamente, parlare poi dell’uccisione, della macellazione, dello squartamento dei corpi degli Animali, e della loro reificazione e mercificazione: in questo caso la violenza è oscenamente protagonista.
La società umana specista è quindi caratterizzata da un uso enorme di violenza di ogni tipo atto a controllare, dominare, sfruttare e uccidere gli Animali secondo logiche e consuetudini che molto spesso si ripetono anche all’interno della società umana stessa mediante l’esercizio del diritto del più forte.
Da antispecisti detestiamo tutto ciò, vorremmo che non fosse mai esistito, ma dato che tragicamente esiste e si perpetua nel tempo, vorremmo porre fine ai massacri quotidiani, alle ingiustizie, alla crudeltà, una volta per sempre: fondando una nuova società e un nuovo approccio con le altre società animali e l’ambiente.
Questa visione della società umana futura diviene anche linea di condotta personale e pubblica, che si pone in antitesi a un’altra linea (che è quella dominante) del sangue delle vittime della nostra violenza.
Senza addentrarci in discorsi puramente filosofici, è utile invece concentrarsi su alcune considerazioni logiche: se vogliamo combattere lo specismo, dobbiamo combatterne l’ideologia e le pratiche, è necessario avviare una battaglia culturale, sociale e politica che mini la società del dominio sin dalle sue fondamenta; per fare ciò abbiamo sostanzialmente due opzioni a disposizione: attaccare lo specismo adottandone i metodi e scontrarsi sul medesimo piano, oppure attaccarlo rifiutando i suoi metodi individuando un altro piano su cui battersi.
In uno scenario ipotetico di scontro per la libertà degli Animali si potrebbero trattare i loro aguzzini causando loro le stesse sofferenze che hanno inflitto agli Animali: è la “legge del taglione”, quindi la vendetta assurta al ruolo di giustizia riparatrice. È facile immaginare che molte persone sarebbero ben contente di adottare una simile soluzione, e sicuramente ci sono casi in cui le atrocità e le crudeltà sono talmente enormi che chiunque, nessuno escluso, potrebbe essere tentata/o di utilizzare tali metodi per punire i responsabili.
Lo stesso scenario potrebbe avere una soluzione diversa che non preveda quanto sopra, ma che sarebbe molto più difficile e dolorosa da perseguire, perché il ricorso alla forza per appianare divergenze, ottenere conquiste sociali e civili, o imporre una visione della società o una ideologia, è sempre stata la via più breve e più facile da percorrere, salvo poi generare mostri a volte anche peggiori di quelli combattuti.
La problematica che s’intende sollevare in questa sede non è morale, ma solo attinente alla logica e alla coerenza.
Punire chi ha commesso un crimine mediante l’adozione di metodi uguali o simili a quelli che si vogliono condannare pone chi giudica (e già questa posizione è discutibile e molto problematica per l’antispecismo) nella medesima situazione di chi viene giudicato: si esercita un atto di violenza contro chi si intende sottomettere, punire, controllare, eliminare e in definitiva dominare. I social network sono pieni di commenti a notizie di violenza sugli Animali, in cui si può leggere di persone pronte a uccidere, torturare, violentare chi ha commesso crimini orribili contro Animali indifesi. Senza esprimere alcun giudizio sul merito, è chiaro che c’è un problema di metodo e in definitiva di coerenza: se noi vogliamo cambiare un’ideologia fondata su violenza e dominio che impone agli altri le proprie ragioni con la forza, con metodi di dominio e violenti, non facciamo altro che sostituirci a chi vogliamo combattere adottandone il paradigma. La scala gerarchica, la stratificazione del dominio all’interno della società umana non cambierebbero affatto: si verificherebbe solo un’inutile inversione di ruoli.
Il paradosso è proprio questo. Se si vuole cambiare questa società e porre fine alle immani sofferenze animali, non lo si deve fare con i metodi e le pratiche che abbiamo sempre conosciuto – che ci sono state insegnate sin dalla nascita – e che ci paiono più semplici ed efficaci, ma con altro che forse ancora non abbiamo ben compreso, ma che ci è indispensabile per eliminare i prodromi di una futura società che farebbe rispettare una propria etica con la violenza, il controllo e la sopraffazione. La storia dell’umanità è costellata di massacri, di guerre e di sofferenza; ogni rivoluzione sociale e politica che si è basata sulla violenza e sull’imposizione d’ideologie non condivise ha generato altri massacri e altre violenze: basta aprire un libro di storia per averne la conferma.
L’antispecismo è una filosofia realmente rivoluzionaria: la prima visione altruistica che la nostra specie tenta con fatica di sviluppare. Adottando gli stessi metodi di lotta di chi intendiamo abbattere, svendiamo la nostra identità e smettiamo di essere fedeli alla linea. Non dovremmo permettere che la legittima volontà di porre rimedio il prima possibile al dolore infinito degli Animali, ci trascini verso posizioni che ci porterebbero sulla via di una società etica retta magari da uno Stato etico, che fa rispettare le proprie leggi morali divenute norme con la forza.
Nessuno pare abbia ad oggi soluzione di questo enorme problema, proprio per questo è necessario un confronto aperto e pubblico su metodi e strategie dell’antispecismo, perché l’errore più grande e imperdonabile che una persona antispecista possa fare è pensare che il fine giustifica i mezzi: in questo concetto giacciono dormienti i semi di un’etica della violenza necessaria che in passato ha causato ogni genere di orrori.

Adriano Fragano

Questo articolo è dedicato a un Elefante (maschio o femmina non è dato sapere), che trascorre le vuote giornate della sua infelice esistenza rinchiuso in un recinto di un circo della famiglia Orfei. Per passare il tempo tenta di aprire con la proboscide la serratura del cancello del recinto. Anche se vi riuscisse, non potrebbe mai fuggire perché incontrerebbe un filo di spago a un metro e mezzo da terra che circonda l’intera area dove vive. Un misero filo di spago teso tra un camion e l’altro capace di fermare un Elefante alto più di tre metri e dal peso di qualche tonnellata. Possiamo solo tentare di immaginare la violenza che ha piegato la volontà di quel povero Animale. È questo che dobbiamo distruggere.

Dirottare l’aggressività

Fonte: http://www.animalstation.it/dirottare-laggressivita


Superare l’aggressività verso l’altro per un comportamento più efficace per la liberazione animale

«Dovresti farti tagliare i capelli» disse il Cappellaio. Era un po’ che guardava Alice con grande curiosità, e questa fu la prima volta che aprì bocca. «E tu dovresti imparare a non fare osservazioni» disse Alice un po’ severamente, «è molto maleducato».
Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie

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