Definizione di antispecismo

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Frutto di un lungo lavoro di elaborazione teorica cominciato nel 2007, di seguito è possibile leggere l’attuale proposta di definizione del termine “antispecismo” tratta dal libro “Manifesto Antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera” di Adriano Fragano, Edizioni Veganzetta, 2022, ISBN: 9791221372465.

Definizione aggiornata nel luglio 2022.


DEFINIZIONE DI ANTISPECISMO

L’antispecismo è il pensiero filosofico, politico e culturale che lotta contro lo specismo, l’antropocentrismo e l’ideologia del dominio che rappresentano le fondamenta della società umana moderna. Come l’antirazzismo rifiuta la discriminazione basata sulla presunzione dell’esistenza di razze umane e l’antisessismo respinge la discriminazione basata sul sesso, così l’antispecismo respinge la discriminazione basata sulla specie e sostiene che l’appartenenza biologica alla specie umana non giustifica moralmente e eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà e del corpo di un essere senziente di un’altra specie.1

Le persone umane antispeciste lottano affinché le esigenze primarie degli Animali siano considerate fondamentali tanto quanto quelle degli Umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società umana in base a criteri sensiocentrici, biocentrici ed ecocentrici, con l’intento di non causare sofferenze e danni evitabili agli individui delle altre specie viventi e al pianeta. L’approccio antispecista ritiene (considerando tutte le dovute differenze e peculiarità) che:

1) le capacità di sentire (ad esempio di provare dolore), di interagire con l’esterno, di manifestare una volontà, sono prerogative di tutti gli Animali, caratterizzandoli come esseri senzienti con propri interessi da perseguire che devono essere rispettati. In base a questi criteri l’antispecismo può essere considerato anche una filosofia sensiocentrica e painista;2

2) l’esistenza di tali capacità negli Animali comporti un cambiamento essenziale del loro status morale, facendoli divenire persone non umane, o conferendo loro uno status equivalente, qualora il concetto di persona non risultasse pienamente utilizzabile oppure opportuno. In base a ciò l’antispecismo può essere considerato anche una filosofia individualista (perché focalizzata sull’individuo animale, sul suo valore intrinseco e non sulla specie)3 e anti-antropocentrica;

3) da ciò debba conseguire una trasformazione profonda dei rapporti tra persone umane e persone non umane, che prefiguri un radicale ripensamento e conseguente cambiamento della società umana per il raggiungimento della liberazione animale. Fondamentali per tale trasformazione sono il senso di giustizia interspecifica, il rispetto dell’alterità, la nonviolenza, l’autocontrollo, l’empatia e la compassione.


Note:

1) Un concetto realmente compiuto di antispecismo dovrebbe ovviamente considerare tutte le specie viventi. Dato che quanto esposto in questo libro è invece limitato alla sola considerazione delle specie animali, è opportuno specificare che ciò è dovuto alla volontà di proporre una teoria concretamente declinabile nel quotidiano, unitamente alla consapevolezza dell’attuale incapacità umana di porre in pratica l’antispecismo nella sua interezza. Si pensi ad esempio alle problematiche di natura etica, ma soprattutto pratica, che si dovrebbero affrontare nell’applicare la stessa considerazione che l’antispecismo propone per gli Animali, anche alle Piante. Per questo motivo le definizioni e considerazioni qui trattate sono da ritenersi volutamente e temporaneamente limitate nel loro sviluppo teorico, unicamente a causa della nostra condizione attuale.

2) “Painismo”: termine che Richard Ryder coniò nel 1990, argomentando che qualsiasi essere vivente che è in grado di provare dolore ha rilevanza morale. Il painismo dunque mira alla riduzione della sofferenza causata agli esseri senzienti e può essere visto come una terza via rispetto alla posizione utilitarista di Peter Singer e alla concezione deontologica dei diritti animali di Tom Regan. Per maggiori informazioni e approfondimenti rimando a Richard D. Ryder, Painism: a modern morality, Open Gate Press, London, 2003.

3) La fondamentale attenzione per l’individuo dell’antispecismo si ritrova anche nell’importanza che attribuisce all’atteggiamento di autocritica, alla coerenza e responsabilità della persona umana antispecista, che rappresentano la base per un’evoluzione non specista del singolo individuo, indispensabile e propedeutica a quella della società umana.


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2 Commenti

  1. Gli enti sono tutti essenti necessari e non contingenti e pertanto hanno pari diritto di esistere e di essere rispettati…
    A mio avviso i severiniani dovrebbero aderire al movimento antispecista…

  2. Grazie Raffaele per questo tuo commento.
    L’enorme problema che abbiamo con gli altri Animali è anche dovuto al fatto che non ci siamo mai voluti convincere della soggettività dell’altro. Non abbiamo mai vissuto gli Animali dando loro del tu e questo ci ha condotti a una strada senza uscita.
    I severiniani dovrebbero essere antispecisti, così come tutti gli Umani. L’antispecismo non è una questione di diversità di posizioni: come dovere morale traccia una via antitetica (non opzionale) al concetto di essere che abbiamo attualmente.

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