Definizione di specismo

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Frutto di un lungo lavoro di elaborazione teorica cominciato nel 2007, di seguito è possibile leggere l’attuale proposta di definizione del termine “specismo” tratta dal libro “Manifesto Antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera” di Adriano Fragano, Edizioni Veganzetta, 2022, ISBN: 9791221372465.

Definizione aggiornata nel luglio 2022.


DEFINIZIONE DI SPECISMO

Il termine specismo fu proposto per la prima volta dallo psicologo inglese Richard Ryder nel 19701, per riferirsi alla convinzione pregiudiziale che gli Umani godano di uno status morale superiore (e quindi di maggiori diritti) rispetto agli altri Animali. L’intento di Ryder consisteva nell’evidenziare le analogie fra lo specismo e il razzismo, dimostrando che le argomentazioni per condannare queste due posizioni sono affini.
Fra le varie giustificazioni addotte a difesa dello specismo come pregiudizio, le più comuni si basano sui seguenti fondamenti:

1) l’interpretazione parziale e strumentale dei meccanismi naturali di lotta fra specie (legge della giungla, catena alimentare, ecc.). La nostra specie autoproclamatasi come la più forte e intelligente del pianeta e all’apice della catena alimentare, ritiene di avere il diritto di disporre degli altri viventi a proprio piacimento;

2) una concezione del diritto inteso come prerogativa attribuibile soltanto agli Umani, perché ritenuti gli unici esseri viventi dotati di raziocinio;

3) la presunta mancanza di consapevolezza di tutti gli Animali della propria esistenza che li renderebbe inferiori rispetto a noi. In modo del tutto arbitrario, inoltre, lo status morale superiore umano viene esteso anche agli individui umani che mancano degli attributi strumentalmente utilizzati per giustificare tale status, ma tutelati in quanto appartenenti alla specie umana (per esempio Umani neonati, soggetti affetti da deficit mentali, soggetti in stato vegetativo).

Lo specismo non è solo un atteggiamento pregiudiziale (individuale o collettivo), ma anche un’ideologia e prassi del dominio sugli Animali.2 Più in generale lo specismo può essere definito una filosofia antropocentrica nella concezione degli Animali. A tal proposito, è importante definire il concetto di dominio per tentare di comprendere quando la società umana diviene specista praticandolo sulle altre specie viventi. Si potrebbe definire “sfruttamento” il controllo (totale o parziale) del ciclo biologico di un altro essere vivente fino a fargli perdere l’autonomia. Quando lo sfruttamento si esercita su un altro essere senziente come negazione della possibilità di avere qualsiasi rapporto libero e come riduzione (o cancellazione) della sua identità, allora parliamo di “dominio”. Ciò detto, vanno considerate speciste le società umane che praticano l’addomesticamento della vita non umana in ogni sua forma e, conseguentemente, tutta la storia delle civiltà umane fondate sull’allevamento e l’agricoltura. In linea generale, si può asserire che lo specismo, come visione ideologica, nasce con l’affermazione di civiltà, culture e religioni antropocentriche3 nelle quali l’Umano si pone al di fuori – al di sopra – della Natura, come signore della natura, in una posizione di privilegio ontologico.
La storia dell’umanità ci mostra inoltre che, benché lo specismo non sia stato l’unica causa di tali sviluppi sociali, è certo che senza lo sfruttamento della Natura e degli Animali, non sarebbe stato possibile creare il differenziale di ricchezza sociale ed economica che è alla base delle società capitaliste, sessiste, razziste, belliciste e, dunque, dell’intera “civiltà” umana moderna.
Le oppressioni di specie, di genere, di classe e razziali sono in gran parte connesse: la società umana stessa è sostenuta e definita da rapporti di esclusione, che favoriscono regolarmente prassi di sfruttamento a beneficio di una élite. Si comprende dunque come la lotta contro lo sfruttamento animale, miri a eliminare il tassello fondamentale sul quale si è costruita tutta la cosiddetta civiltà del dominio in cui viviamo.
Per i motivi di cui sopra, è lecito pensare che la morale comune dominante e tutte le istituzioni (locali, nazionali, internazionali o sovranazionali) sono contraddistinte da una filosofia specista. Non è perciò un caso che nell’ambito della liberazione animale, stia maturando da tempo una consapevolezza che spinge ad allargare il campo etico di riferimento dell’originario dibattito storico sullo specismo.
Lo specismo senza dubbio è un fenomeno molto complesso e articolato che interessa ogni ambito umano, addirittura – in una delle sue numerose varianti – è diffuso anche nell’ambiente animalista e consiste nell’atteggiamento di concedere solo ad alcuni Animali di entrare nella sfera della considerazione morale umana. Un chiaro esempio sono i cosiddetti Animali “da compagnia”, i cui interessi sono maggiormente riconosciuti rispetto a quelli degli altri Animali, solo perché considerati importanti per le loro persone umane tutrici.
Va infine evidenziato che se la società umana si è sviluppata – salvo rare eccezioni – secondo determinate linee guida caratterizzate da ideologie quali lo specismo, se ne può dedurre che probabilmente lo specismo stesso abbia delle radici ben più profonde di quelle finora analizzate, non solo quindi sociali e storiche, ma pure antropologiche; perciò è opportuno considerare l’esistenza anche di un specismo antropologico o di una origine antropologica dello specismo.


Note:

1) Consiglio la lettura dell’articolo La nascita del termine “specismo”, «Veganzetta», 29 ottobre 2021, www.veganzetta.org/2BFrA

2) Il sociologo statunitense David Nibert definisce lo specismo come «un’ideologia creata e diffusa per legittimare l’uccisione e lo sfruttamento degli altri animali». Si veda David Nibert, Animal Rights/Human Rights: Entanglements of oppression and liberation, Rowman & Littlefield Publishers, Lanham, 2002, p. 243.

3) Per quanto sicuramente caratterizzate da crudeltà interspecifiche, probabilmente non è corretto considerare come società inequivocabilmente speciste le società umane di raccolta e caccia, con la loro visione animistica del mondo vivente. È verosimile comunque che lo fossero potenzialmente senza poterlo diventare, a causa dell’ancora scarsa capacità di controllo nei confronti dei viventi. In tal caso si potrebbero legittimamente ritenere come le progenitrici delle successive società umane speciste.


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