Intervista rilasciata al Collettivo antispecista Tana Liberi Tutti

Il Collettivo Tana Liberi Tutti torna dopo tempo (vedere qui, qui e qui) ad intervistarmi.
Marce degli agricoltori, Food for Profit, carne artificiale, guerre tra Umani, crisi climatica, guerra alla fauna selvatica, sono le tematiche affrontate.

Buona lettura


Domanda 1: Caro Adriano, Non molto tempo fa abbiamo assistito, piuttosto perplessi e perplesse, alle ‘marce’ dei trattori in vari Paesi europei, in reazione ad alcune politiche UE anch’esse discutibili. Qual è la tua valutazione della protesta degli agricoltori (che, ricordiamo, ha prodotto come risultato un allentamento delle restrizioni previste sui pesticidi in UE)?

Risposta: La mia valutazione su questa triste vicenda è ovviamente totalmente negativa e non potrebbe essere altrimenti. Prima di tutto vorrei far notare che le modalità e i metodi della protesta hanno una volta di più dimostrato – se ce ne fosse ancora bisogno – che il mondo dell’allevamento e dell’agricoltura fonda la sua identità e ogni sua attività sulla violenza, sul controllo e sulla sopraffazione. Entrando nel merito delle rivendicazioni, allevatori e agricoltori hanno voluto affermare con forza che:

1) in nome della produzione e del profitto qualsiasi sopruso nei confronti dei senzienti, dei viventi e della Natura è giustificabile e lecito e a ciò non deve esserci alcun limite;

2) la loro posizione di privilegio non può e non deve essere toccata;

3) i loro diritti acquisiti sono ormai divenuti dinastici e dunque indiscutibili.

Alla fine hanno ovviamente ottenuto ciò che volevano, ossia lo smantellamento di una serie di provvedimenti europei che seppur timidamente e debolmente, cercavano di limitare parzialmente i gravissimi danni (del tutto legali ed anche finanziati) prodotti dalle attività del comparto zootecnico ed agricolo. Nemmeno un misero 4% del terreno agricolo può essere lasciato alla Natura (dietro lauto compenso): ogni singola zolla deve essere lavorata e divenire produttiva; «bisogna dare la massima fecondità ad ogni zolla di terra», così recitava una frase di Mussolini che spesso veniva riportata sulla facciata degli edifici dei consorzi agrari durante il ventennio fascista, nulla è cambiato per la Natura. Spero almeno che quanto accaduto nelle piazze delle principali città europee, dove anche molti Animali sfruttati sono stati trascinati e fatti oggetto di derisione, possa aver aperto gli occhi a coloro che ingenuamente continuano a credere alla favola degli allevatori e degli agricoltori che “amano” e proteggono la Natura.

Quanto affermato comprende ovviamente l’intero mondo zootecnico senza eccezioni e la stragrande maggioranza di quello agricolo, anche se esistono in quest’ultimo piccole realtà locali – spesso isolate, ostacolate e denigrate – che cercando di produrre cibo vegetale attraverso metodi antichi e moderni il più possibile rispettosi degli Animali e dell’ambiente. Ovviamente stiamo parlando di microscopiche eccezioni che confermano la regola.

Domanda 2: Un altro tema attuale riguarda il documentario “Food for Profit”. Se può far piacere il fatto che i temi trattati abbiano attratto l’attenzione di molti e molte, non può sfuggire una certa ambiguità e scarsa chiarezza nel messaggio, se lo valutiamo dal punto di vista dell’etica antispecista (o almeno dal nostro punto di vista, che prevede l’abolizione di qualunque forma d’uso degli altri animali). In più, abbiamo osservato reazioni paradossali, come la pubblicizzazione del documentario da parte di catene di supermercati che vendono prodotti di derivazione animale. Qual è la tua opinione in merito? Tutto ciò non rischia di aumentare ancora la confusione e di promuovere posizioni ambiguamente welfariste o a favore degli allevamenti con trattamenti ‘umani degli animali’ (espressione ironicamente e tragicamente significativa se pensiamo al consueto trattamento/sfruttamento subito dagli Animali)?

Risposta: Premetto che non ho visto il documentario in questione e che quindi possono solo esprimere un mio giudizio su quanto è stato scritto a riguardo da chi lo ha visto e che gode della mia fiducia.

Il fatto stesso che un documentario di questo tipo sia pubblicizzato e promosso non solo da catene di supermercati che vendono prodotti di origine animale, ma addirittura da macellerie e piccoli allevamenti, ci permette di comprende quanto ambiguo, debole e liberamente interpretabile sia il messaggio trasmesso. Probabilmente il successo ottenuto dal documentario è dovuto in gran parte a questo motivo: chiunque può interpretare secondo propri canoni e propri interessi il messaggio proposto e dunque anche chi alleva gli Animali per sfruttarli, chi li macella e chi ne vende i prodotti, non solo non si sente attaccato, ma anzi arriva a pubblicizzare questo lavoro, nella convinzione che possa trarne un vantaggio. Questa situazione paradossale è dovuta all’indubbia potenza mistificatrice del cosiddetto “benessere animale”, che fa sempre più presa sull’opinione pubblica e che è tale da farlo divenire addirittura punto di contatto tra il mondo animalista e quello zootecnico. Non è secondario considerare che questo contatto assurdo tra due mondi opposti, avviene grazie alla proverbiale superficialità del primo e alla scaltrezza e spregiudicatezza del secondo.

Tutto ciò non solo rischia di generare ulteriore confusione oltre a quella già esistente, ma può anche divenire una vera e propria “arma di distrazione di massa” in grado di alimentare le illusioni di parte del mondo vegano e antispecista, corrodendolo e depotenziandone la spinta rivoluzionaria dall’interno.

Concludo con una piccola considerazione: non mi risulta che qualche catena di supermercati o qualche allevamento o macello abbia mai pensato di promuovere un documentario come Earthlings, un perché evidentemente ci sarà.

Domanda 3: Altro tema ‘caldo’ la carne sintetica. Abbiamo letto alcuni commenti tecnoentusiasti, alcuni anche da parte di associazioni welfariste, e alcune critiche molto nette, come ad esempio quelle di Gary Francione (ad es. www.cleanmeat-hoax.com/animal-advocates-speak-out.html). Molti temi si intrecciano, tra cui il tentativo dei soliti noti di continuare a esercitare la consueta egemonia sul sistema di produzione e controllo del cibo, le promesse tecnomiracolistiche di contribuire significativamente alla risoluzione delle questioni relative alla crisi climatica e del benessere/malessere animale, il tentativo di depotenziare alternative di sistema alla produzione e nel consumo di cibo. A noi poi sembra l’ennesimo disperato tentativo di voler continuare a nutrirsi di pezzi di Animale, stavolta prodotti in laboratorio (e magari brevettati), da parte di qualche multinazionale. Anche peggio della produzione industriale di sostituti vegetali da supermarket. Tu che ne pensi?

Risposta: La mia posizione a riguardo della carne artificiale (preferisco chiamare così questo “prodotto” tecnologico) è di netta contrarietà. Ritengo interessante ciò che viene scritto nella pagina web che avete citato e mi conforta non poco constatare che nell’ambito vegano e antispecista ci siano numerose voci contrarie alla carne artificiale, che si oppongono all’entusiasmo con il quale in genere è stata accolta la notizia della sua comparsa.

I motivi della mia contrarietà a questa nuova tipologia di cibo sono numerosi, ma senza dubbio fra tutti uno dei più importanti consiste nel fatto che – a mio avviso – la carne artificiale è un ritrovato ipertecnologico che contribuirà ad allontanarci dalla soluzione del problema del cosiddetto mito della carne. Essendo la carne artificiale un succedaneo industriale della carne costituita dai corpi degli Animali e riproducendone nei minimi dettagli ogni caratteristica organolettica (aspetto, odore, sapore, consistenza…), essa riprodurrà l’idea stessa che la carne è e continuerà ad essere per noi non solo cibo, ma anche un alimento indispensabile: ciò non ci aiuterà a prendere finalmente le distanze da questa visione specista che abbiamo degli Animali e non contribuirà alla loro liberazione. Non è necessario solo liberarci della pratica del consumo di carne, ma è fondamentale liberare anche le nostre menti dall’idea della carne quale elemento fondamentale della nostra dieta, e questo probabilmente è il passo più difficile ma definitivo da compiere per distruggere questo mito.

Ritengo assurdo inoltre che un problema così drammatico, importante e che coinvolge direttamente la nostra morale, possa essere “risolto” semplicemente adottando un ritrovato industriale, che ci potrà solo aiutare ad alleggerire la coscienza, evitandoci la fatica e l’onere di operare un cambiamento radicale delle nostre abitudini e delle nostre idee.

Probabilmente la carne artificiale potrebbe contribuire ad un vasto decremento del numero di Animali allevati per scopi alimentari e ciò sarebbe un passo enorme, ma ancora una volta si sta tentando di usare la scienza e non la coscienza per contrastare un problema in gran parte etico, la cui soluzione non necessita di alcun particolare intervento tecnologico, ma solo di buona volontà, di empatia e di senso della giustizia.
Credo che l’unico settore in cui realmente la carne artificiale potrebbe avere un senso e un’effettiva utilità, sia quello del cibo per gli Animali carnivori che vivono con noi (per esempio i Cani ma soprattutto i Gatti), o si trovano ospiti in rifugi o in centri di recupero per Animali selvatici.

Per coloro che desiderano approfondire la questione (che è complessa e merita grande spazio e attenzione), segnalo questo articolo (www.veganzetta.org/la-cosiddetta-carne-sintetica-o-coltivata-una-narrazione-alternativa) nel quale fornisco un’ulteriore serie di riflessioni sull’argomento e possibili scenari futuri.

Domanda 4: Veniamo alle guerre. Siamo affranti per le vittime umane. Siamo tutti e tutte molto preoccupati, da nonviolenti pacifisti quali siamo sempre stati. E pronti ad opporci a qualsiasi guerra. Ma, anche in questo caso, i totalmente dimenticati sono gli altri animali. Non si può non notare il silenzio totale e assordante sul destino di chi soffre e muore come noi. Anche nella morte e nella tragedia c’è chi non esiste proprio. Quali le tue riflessioni su questo tema?

Risposta: Le guerre tra Umani riguardano solo gli Umani: le vittime di un conflitto armato sono considerate tali solo se appartengono alla nostra specie (e nemmeno sempre), il resto sono al massimo danni collaterali spesso non tenuti nemmeno in considerazione. Una guerra come quella che è scoppiata in Ucraina con l’aggressione della Russia, è causa di devastazioni ambientali enormi e su larga scala, che non è possibile in questo momento nemmeno calcolare e che affliggeranno quei territori per centinaia di anni. Intere foreste distrutte, habitat naturali sconvolti, campi minati, inquinamento del suolo, delle falde acquifere, dei mari, Animali feriti, traumatizzati, uccisi, abbandonati. L’elenco dei danni è sterminato, ma chiaramente non ci curiamo di questo tremendo aspetto di un conflitto armato, perché nel bene e nel male la nostra visione rimane pur sempre quella antropocentrica. Se inoltre normalmente nella società umana non c’è considerazione e rispetto per gli Animali, a maggior ragione in queste situazioni di conflitto ed emergenza i comportamenti nei loro confronti si incrudeliscono, contribuendo a causare ancora più sofferenza.

Ciò che sta accadendo in Ucraina accade anche a Gaza, dove come gli Umani, gli Animali sono ammassati e intrappolati in un fazzoletto di terra subendo la guerra e le sue devastazioni, ma per loro ciò si aggiunge a quanto normalmente (anche in tempo di pace) devono subire a causa del nostro specismo. Una tragedia nella tragedia si potrebbe dire.

Eppure c’è chi cerca di aiutarli mediante operazioni di salvataggio, l’apertura di piccoli rifugi e il trasporto in luoghi sicuri degli Animali rimasti intrappolati in zone dove si combatte (penso a quelli segregati negli zoo, per esempio): sebbene ciò sia la classica goccia nel mare, è importante sottolineare che queste realtà esistono e costituiscono una piccola ma importante speranza per un futuro migliore. È su questo che dobbiamo concentrarci in questo periodo tragico.

Domanda 5: Dal punto di vista della crisi climatica, i dati scientifici dipingono una situazione in costante peggioramento e non si sta facendo il necessario per contrastarla (anzi, non si fa praticamente nulla). In compenso si criminalizza e si reprime la protesta. Cosa inaccettabile. Inoltre la protesta, in alcuni casi, sembra fondata su presupposti e proposte abbastanza deboli e in parte discutibili. Cosa ne pensi?

Risposta: L’indifferenza nei confronti della crisi climatica in atto, dimostra la nostra assoluta incapacità di analizzare l’esistente in modo obiettivo e intelligente. Sarebbe facile affermare che l’Occidente in piena crisi di valori e in fase di decadenza, non si rende conto di ciò che sta causando al pianeta e alla rete della vita sulla Terra, ma questo è solo un aspetto del problema che a molti piace evidenziare. L’atteggiamento miope e stupido di fronte alla catastrofe climatica verso la quale stiamo viaggiando a grande velocità, è globale: non esiste ormai società umana al mondo che si comporti diversamente da quanto stiamo facendo noi occidentali, ciò perché in pratica non esiste una società umana moderna che non consideri la Natura semplicemente come un enorme supermercato dove poter prendere e consumare tutto ciò che ci aggrada, senza dover pagare assolutamente nulla. Per millenni la nostra specie si è abituata a saccheggiare impunemente la Natura e a sfruttare i viventi per proprio tornaconto, ma ora è del tutto evidente che questa fase sta finendo. E’ finita la Natura a “buone mercato” come afferma giustamente Jason Moore nel suo interessante libro dal titolo Ecologia-mondo e crisi del capitalismo. La fine della natura a buon mercato, ora stiamo transitando nella fase in cui ci viene presentato il conto, che quasi sicuramente non saremo in grado di saldare.

Nella nostro supponenza e superbia pensiamo che tutto possa ancora una volta essere risolto da un intervento taumaturgico della scienza e della tecnologia, non riteniamo dunque che i continui avvertimenti che la Natura ci lancia, possano essere l’inizio della fine, ma solo uno dei tanti periodi di crisi che la nostra specie ha dovuto affrontare e che ha risolto mediante la ricerca e lo sviluppo tecnoscientifico. Questa volta però è troppo tardi e non potrà essere così.

Le proteste a cui assistiamo da anni non solo sono evidentemente basate su presupposti deboli, ma sono del tutto inefficaci e spesso divengono addirittura funzionali al sistema che vorrebbero cambiare. Limitarsi ad azioni più o meno brillanti di disturbo e urlare alle istituzioni nazionali e internazionali di “fare qualcosa” per salvare la nostra specie e il pianeta, equivale ancora una volta a comportarsi da soggetti immaturi che hanno sempre e comunque bisogno della supervisione e della guida paternalistica di altri. Protestare è fondamentale, ma lo si dovrebbe fare con altre finalità. La colpa non è solo loro in quanto istituzioni, è anche nostra, di ciascuno individuo umano. Il danno non è sulla superficie, è dentro di noi. Persino l’ONU per bocca del suo Segretario Generale incredibilmente ha cominciato a fare dichiarazioni in tal senso, affermando di recente che «L’umanità è un minuscolo puntino sul radar. Ma come l’asteroide che ha spazzato via i dinosauri, stiamo avendo un impatto sproporzionato. Ma in questo caso non siamo noi i dinosauri. Siamo noi l’asteroide. Non solo siamo in pericolo. Ma siamo noi il pericolo. Possiamo anche essere la soluzione».

L’assunzione di responsabilità individuale e collettiva deve attuarsi qui e ora, pena il fallimento totale e conclusivo. Ogni singolo soggetto umano è una copia funzionante e in miniatura di un sistema sociale che sfrutta, devasta e macina vite e territori; solo cambiando noi stessi, dal basso, dall’interno, potremo finalmente avviare un’azione politica efficace per cambiare la società devastatrice in cui viviamo e che ci rappresenta in pieno.

Domanda 6: Infine, qualcosa che riguarda un altro tipo di guerra: quella alla fauna selvatica. Non siamo più capaci di convivere con gli altri animali, tra cui Cinghiali, Lupi e Orsi, se non assoggettandoli e sfruttandoli per motivi economici?

Risposta: La guerra alla fauna selvatica è parte integrante della più ampia guerra alla Natura che la nostra specie ha scatenato sin dal Neolitico e che porta avanti con il massimo impegno e metodo. Secondo la visione bellicista del nostro rapporto con la Natura, ogni vivente se non costituisce una qualche utilità per la nostra specie, è per forza da considerare inutile o dannoso: semplicemente è inconcepibile che possa vivere solo per se stesso, dunque deve essere eliminato come si fa con un nemico. La verità è che la nostra specie non è mai stata capace di convivere con le altre e in generale la convivenza (anche tra Umani) non è mai stata il nostro forte: siamo una specie animale aggressiva, invasiva e dispotica e ci risulta difficile tenere a freno queste tendenze nonostante tutte le nostre grandi capacità e risorse che utilizziamo invece per assecondarle. Tali elementi di fondo si riverberano in ogni nostra azione, che se accompagnata da un forte interesse economico (come nel caso della peste suina), si amplifica, aumentando l’impatto e il danno nei confronti degli Animali.

Le decisioni politiche che si sono succedute negli anni non sono altro che regalie a comparti molto potenti e politicamente influenti: quello zootecnico e quello venatorio. Entrambi sono un importante bacino elettorale e dunque devono essere accontentati.

La questione degli Orsi ha invece più che altro ha che fare con uno strumento molto utile e che viene utilizzato con generosità: l’allarme sociale. L’Orso nel nostro immaginario collettivo è un pericoloso predatore sempre pronto ad attaccarci e a danneggiare le nostre proprietà, dunque va combattuto ed eliminato (è un nemico). Si utilizzano pertanto usa queste motivazioni per assecondare le volontà del mondo zootecnico, di quello turistico e per cercare consenso popolare causando allarme sociale e teriofobia.

Le immancabili proposte di azioni contro i Lupi, rappresentano infine un classico esempio di rigurgito medioevale, o meglio di un altro nostro mito negativo che vede questi poveri Animali incarnare il male assoluto e tutte le nostre paure. I Lupi dunque, ancora più degli Orsi, sono vittime della loro ingiusta fama, che è stata loro cucita addosso dai pregiudizi della nostra società. La favola del Lupo “cattivo” è uno dei primi rudimenti specisti che vengono trasmessi di generazione in generazione e i danni che provoca sono evidenti. Ancora una volta il problema è culturale.

Indirizzo breve di questa pagina: https://www.manifestoantispecista.org/web/rjjfw

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