Le responsabilità individuali che abbiamo nei confronti degli Animali destinati a essere smembrati e trasformati in oggetto-cibo-merce sono enormi, delegare ad altre/i le nostre decisioni alimentari, pensare che esse siamo estranee a un’etica del rispetto dell’alterità e dell’Animale (anche umano) è un errore imperdonabile. Con questa chiave di lettura diviene un’interessante la riflessione di Paul Roberts proposta di seguito.
Dobbiamo riconoscere che quello che è successo al nostro sistema alimentare, e, di conseguenza, a noi stessi, non è stato un processo casuale e inevitabile. La trasformazione del sistema alimentare è di fatto stata guidata e plasmata da una delle forze umane più potenti e brutalmente efficienti: il mercato. Quel sistema, però, è ancora in gran parte un cantiere aperto, un prodotto di miliardi e miliardi di decisioni umane. E se molte di quelle decisioni vengono prese in luoghi e contesti che vanno ben oltre il nostro controllo, ce ne sono molte altre che vengono prese più vicino: nelle nostre regioni, nelle nostre comunità e nelle nostre cucine. Da migliaia di anni il cibo è lo specchio della società. È la fonte del materiale e delle idee che hanno portato avanti la civiltà, nonché i meccanismi a causa dei quali la civiltà sembra ora cadere a pezzi. Agli albori del XXI secolo, siamo più vicini a quel precipizio di quanto lo siamo mai stati, però siamo forse maggiormente in grado di allontanarcene. La fame è sempre stata uno stimolo per la creazione di un mondo migliore, e lo è ancora.
Paul Roberts, La fine del cibo, Codice edizioni, 2009