Il punto sull’antispecismo

In occasione dell’incontro nazionale antispecista SIAMO TUTTI ANIMALI che si è svolta a Roma il 15 giugno 2024, ho fornito un mio parere, attraverso un audio messaggio, sull’attuale situazione dell’antispecismo in Italia.
Il messaggio è stato diffuso in apertura dei lavori della giornata e di questo ringrazio Alleanza Anti-Specista organizzatrice della manifestazione.
Di seguito il testo dell’audio messaggio.

Buon ascolto.

Adriano Fragano


Il punto sull’antispecismo

Roma, 15 Giugno 2024

Buongiorno, sono Adriano Fragano e oggi cercherò di fornirvi il mio personale punto di vista sull’attuale situazione dell’antispecismo nel nostro Paese.

Quella che state vedendo è l’immagine stilizzata di un vitello e proviene da una fotografia scattata molti anni fa. Questo vitello chiuso in un camion per il trasporto di animali non umani è sicuramente morto da tempo, ma il suo sguardo severo mi ricorda ogni giorno quali devono essere le mie priorità.
Credo sia giusto che sia lui il protagonista visivo di questo intervento e non il sottoscritto.

Senza tanti giri di parole è possibile affermare che la situazione attuale dell’ambiente antispecista italiano è a dir poco critica, infatti assistiamo ad una fase di immobilismo quasi totale che ormai dura da anni.

Chi come me ha una lunga storia di militanza antispecista ha assistito per decenni a scontri, diatribe e divisioni interne che hanno portato ad una frammentazione molto marcata di un ambiente che ambiva a diventare un vero e proprio movimento ma che non lo è mai diventato.

Tale situazione ha causato una sorta di atomizzazione dell’ambiente antispecista in tanti piccoli gruppi o realtà locali spesso tra loro isolate o addirittura in competizione e che agiscono in totale autonomia senza un confronto pubblico e un coordinamento di alcun tipo.

Ciò ha condotto di fatto alla paralisi di ogni attività antispecista a livello nazionale e in ogni caso ha portato a risultati del tutto insoddisfacenti per quanto riguarda l’attivismo contro lo specismo.

I motivi di quanto esposto certamente sono molti e sarebbe necessario approfondirli con la dovuta attenzione, ritengo però che uno fra tutti potrebbe essere interessante affrontarlo in questa sede, ossia il fatto che probabilmente la teoria antispecista, che abbiamo sempre pensato essere consolidata e matura, in realtà non lo è affatto o perlomeno non lo è stata abbastanza per dar vita a un movimento.

A ben pensarci la teoria antispecista è evoluta a livello filosofico, ma non è stata declinata quasi per nulla a livello pratico, non è infatti riuscita ad esprimere le sue reali potenzialità attraverso una costruzione di un’identità antispecista, dunque non ha indicato una serie di comportamenti coerenti da seguire in grado di indirizzare le persone umane verso ideali e atteggiamenti comuni e condivisi.

Anzi dai suoi principi di base non solo non è scaturito un lavoro sulla formazione dell’identità antispecista, ma hanno preso vita molte iniziative, che hanno cercato di collegare e allargare l’antispecismo a numerosi altri ambiti di lotta sociale all’interno della società umana. Ambiti che riguardano i diritti umani o di minoranze umane.

Questi tentativi di allargamento teorico che sono sempre esistiti sin dalla comparsa della teoria antispecista anche per via delle sue caratteristiche, hanno certamente testimoniato le sue capacità di comprendere le istanze di altri ambiti di lotta, ma hanno contribuito a mettere costantemente in ombra la lotta per la liberazione animale che è ciò che l’antispecismo si prefigge di sviluppare.

Ogni volta che l’antispecismo si è avvicinato ad altre lotte di liberazione, è sempre stato posto in secondo piano, arrivando persino a perdere parte della sua identità.

Lo stesso si può dire se si considerano i rapporti tra l’antispecismo e la società civile umana, nella quale le rivendicazioni antispeciste faticano moltissimo a fare presa.

Ciò dunque dimostra palesemente la mancanza o l’inadeguatezza di un lavoro di creazione di una comunità antispecista ben caratterizzata e solida. La nascita di una vera comunità antispecista con una forte identità è essenziale per permettere all’antispecismo di interfacciarsi legittimamente con altri ambiti di lotta di liberazione, senza subire danni ma anzi arricchendosi e fornendo il proprio importante contributo.
Allo stesso modo permetterebbe all’antispecismo di avere un impatto decisamente più importante sulla società civile specista, cosa che fino ad oggi non è avvenuta.

Il problema pertanto non è il dialogo con altri ambiti di lotta o il confronto con la società civile specista, ma l’estrema debolezza dell’identità antispecista.

Vorrei far notare che la formazione delle persone umane in qualità di attiviste antispeciste è stata in realtà quasi sempre un’autoformazione: ossia ciascun soggetto ha tentato (con più o meno competenza) di comprendere la teoria antispecista e di declinarla nella quotidianità autonomamente, senza dei precisi punti di riferimento etici.

Ciò ha contribuito a creare un’enorme varietà di posizioni (alcune delle quali francamente assurde e dannose) che spesso sono diventate vere e proprie contrapposizioni su principi e attivismo.

Questo alla lunga ha causato – come dicevo in precedenza – frizioni, scontri, fratture e allontanamenti di molte realtà antispeciste e di fatto ha condotto ad una desertificazione del panorama antispecista nazionale.

Le sorti dell’antispecismo quindi rischiano di assomigliare molto a quelle del veganismo: vale a dire diventare preda di una banalizzazione dei valori e di una strumentalizzazione per altri scopi.

Oggi sempre più si parla di antispecismo anche sui media e molte persone umane si dichiarano antispeciste, spesso però senza nemmeno sapere esattamente cosa ciò voglia dire e comportandosi come dei soggetti che non lo sono affatto.

Mancano le informazioni necessarie per comprendere a pieno il messaggio antispecista. Mancano dei riferimenti storici, una morale e una conseguente etica condivisa, delle tradizioni, una narrazione comune. Non c’è una comunità antispecista, non c’è solidarietà, e le strategie per l’attivismo sono le più disparate.

Manca in definitiva una vera e propria cultura antispecista.

Desidero evidenziare inoltre che con il passare del tempo varie generazioni di persone umane attiviste sono entrate a far parte del mondo antispecista, ma non mi pare che ci sia mai stato alcun vero e proprio “passaggio di consegne” tra vecchie e nuove generazioni. Il rischio è che non essendoci una memoria storica condivisa, gli stessi errori compiuti in passato possano ripetersi oggi ed essere addirittura più impattanti a causa dell’amplificazione dei social network.

Abbiamo bisogno di consolidare una base che non è mai stata consolidata fino ad oggi. Se non abbiamo le idee chiare al nostro interno, non si capisce cosa si potrà mai comunicare all’esterno.

Auspico pertanto che siano sempre più le occasioni di incontro e confronto come quella dell’incontro nazionale antispecista di oggi, che spero abbia successo. Occasioni in cui discutere, conoscersi, chiarirsi le idee, fare comunità e solidarizzare. Riprendere insomma il filo di un discorso interrotto per recuperare il tempo perduto che ha reso l’antispecismo senza dubbio più debole e fragile.

Probabilmente il lavoro principale che ci attende in questo periodo storico, non è quello di rivolgersi all’esterno, ossia al mondo specista, per far crescere numericamente gli individui antispecisti, ma quello di lavorare al nostro interno mediante un lavoro di crescita e di autocritica, per raggiungere finalmente un antispecismo maturo che ci permetta di creare un movimento sufficientemente serio e coeso da riuscire con successo a promuovere i suoi principi nella società specista.

Spero che quanto detto possa essere utile per una riflessione critica sulla situazione che stiamo vivendo, credo che sia giunto il momento di parlarne.

Grazie per la vostra attenzione.

Auguro a tutte e tutti buon lavoro.

Indirizzo breve di questa pagina: https://www.manifestoantispecista.org/web/tbfuv

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