Fonte Veganzetta
L’Orsa Daniza è stata ammazzata. Era una madre coraggiosa, fino all’ultimo ha tentato di trarre in salvo i suoi piccoli, accudendoli, guidandoli nei boschi, tenendoli lontani dalle trappole umane, dimostrando un’intelligenza di molto superiore rispetto a quella chi ha tentato per molto tempo invano di catturarla.
Alla fine ha dovuto cedere, perché anche l’essere più coraggioso e risoluto di fronte a un fucile è destinato a soccombere: la violenza schiaccia ogni cosa, la frantuma e la svilisce. Lascia due cuccioli di pochi mesi, incapaci di badare a se stessi, anche loro destinati a una fine crudele: condannati da schiere di idioti che credono fermamente di avere il diritto, e di poter essere in grado, di controllare la Natura e le vite degli altri.
I motivi di questa morte – ampiamente annunciata – sono molti: economici, politici, commerciali, culturali e via discorrendo, tutti motivi che lei non comprendeva, perché fortunatamente apparteneva a un altro mondo concettualmente lontano da quello che ci siamo costruiti artificialmente noi. Daniza aveva un compito, e ha tentato di portarlo a termine. Altro per lei non contava.
Si stanno già versando fiumi di parole su quanto accaduto, è giusto che sia così, non bisogna mai tacere di fronte a un’ingiustizia; ma poche persone tra coloro che in questi giorni lanciano accuse, chiedono a gran voce dimissioni (come se cambiare un amministratore servisse a qualcosa in una società che fagocita tutto), e si indignano, pare si siano soffermate su una semplice questione: Daniza ha fatto ciò che qualsiasi madre consapevole del proprio ruolo avrebbe fatto. Ciò ci porta a considerare il fatto che l’Orsa non era lo stereotipo della madre (come pare stia divenendo), ma una madre non umana, e di conseguenza è indispensabile e logico ricordare che ve ne sono moltissime altre che ogni giorno vivono una tragedia immane: vedendosi strappare il proprio piccolo, subendo maltrattamenti, violenze e percosse,conducendo una vita misera e venendo uccise per divenire uno degli innumerevoli prodotti di derivazione animale, che la nostra società dei consumi sfrenati, dell’edonismo e della deresponsabilizzazione individuale e collettiva ci propone in bella vista sugli scaffali dei supermercati.
Di storie tragiche come quelle di Daniza ce ne sono a milioni, ma nessuno le vuole conoscere, ne parla, o se ne interessa.
Le madri non umane senza nome che hanno sofferto come Daniza permeano la nostra quotidianità e la rendono possibile, entrano in ogni dove e ci permettono di perpetuare pratiche crudeli e insensate, che per noi divengono semplicemente comode e scontate abitudini. Eppure anche loro hanno cercato di proteggere i propri figli, hanno sofferto e sono morte, ma nell’anonimato, in luoghi chiusi e lontani dalla nostra vista e dalla nostra vita, perché vedere fa male, turba, sconvolge, e nessuno di noi consumatrici e consumatori di una rilevante varietà di Danize – e dei loro figli – sotto mille forme, vuole rovinarsi la giornata.
Quante persone tra quelle che ora si disperano per la tragica fine di Daniza se ne ritroveranno una nel piatto all’ora di pranzo? O la indossano, o la calzano? Chi ha detto che Mucca non può essere una madre affettuosa e coraggiosa che tenta di salvare il proprio vitello da una fine orribile? Forse non soffre e si dispera vedendoselo sottratto? In una società contraddistinta dal culto e dalla retorica della figura della madre generatrice (umana chiaramente), non riusciamo a intravedere oltre la penosa cortina di fumo che ci avvolge, che di madri ce ne sono molte altre, e che vorrebbero fare solo ciò che è nella loro natura.
L’Orsa Daniza è stata ammazzata, ma almeno ha vissuto qualche mese libera con i suoi piccoli al suo fianco: una magra consolazione direte voi, ma molte altre madri non umane questo non l’hanno potuto fare, e il loro piccolo lo hanno visto solo per pochi minuti dopo la nascita, come nel video di seguito. E’ vergognosamente’ ipocrita indignarsi per la triste fine di un’Orsa, e al contempo essere responsabili e mandanti di tali tragedie quotidiane.