CRITICA DELLA TECNOCULTURA E DELLA CIVILIZZAZIONE: PER UN NUOVO PARADIGMA ANTISVILUPPISTA
Conferenza a entrata libera
Venerdì 13 dicembre, ore 18,30, scuola “Martini”, via Dorigo – Treviso. 7° incontro del Corso di Ecologia
Relatore: Mario Cenedese (Associazione Ecofilosofica)
La civilizzazione è quel processo, iniziato nel Neolitico diecimila anni fa, che ha prodotto l’addomesticamento di piante e animali, cioè l’agricoltura e l’allevamento, l’urbanizzazione, il patriarcato e la differenza di genere, il linguaggio simbolico e la scrittura, la guerra dettata dalla logica di espansione della cultura urbana, la modernità, la “virtualità reale”, il produttivismo, lo sviluppismo ad oltranza, il progresso. La tecnocultura o tecnoscienza è la pianificazione operata dalla ratio calcolante, dalla ragione strumentale, forme “ militari” del dominio della civilizzazione, corrisponde, quindi, all’apparato tecnico-scientifico. In breve, si tratta del paradigma del dominio della civiltà e della cultura sulla natura, che Hobbes e altri filosofi moderni vedono come un’eterna fonte di pericoli terrificanti da sottomettere, vincere e controllare, per cui si giustifica la gerarchia tra umani e non umani,la creazione non di rapporti di reciprocità, ma di pratiche di sottomissione e di competizione. Così il Vivente viene ridotto a fattore produttivo. Se, come osserva Walter Benjamin, dobbiamo scardinare il continuum della storia, del tempo visto come omogeneo, uniforme, vuoto, se dobbiamo opporci al progresso storico fatto di tempo divenuto una mostruosa materialità che regola e misura la vita, dobbiamo liberare il tempo da queste interpretazioni per restituire le cose alla loro vera durata. Antropologi come M. Sahlins sostengono che nei due milioni di anni precedenti la civilizzazione la nostra Terra ci ha favorevolmente accolti, in un regime di sottoproduzione e opulenza-abbondanza, quando i bisogni erano minimi, cioè naturali; inoltre, la critica della civilizzazione è l’asse portante de “La dialettica dell’Illuminismo” di Horkheimer e Adorno, come esemplificato nell’immagine chiave di Ulisse che rimuove la voce desiderante e liberatrice dei propri impulsi facendosi legare al palo della nave e reprime i propri compagni impedendo loro di vedere e udire il canto erotico delle Sirene tappando loro le orecchie con la cera di Circe. Arrivati al punto in cui ci troviamo, come possiamo uscire dalla civiltà? Non basta certamente definirci alternativi o antagonisti. Bisogna fare dell’antagonismo alla civilizzazione uno stile di vita. Non è sufficiente neppure adottare la fuga dalla civiltà attraverso la cosiddetta pratica dell’Esodo in forme di vita comunitaria. Infatti, è la mentalità civile che opera surrettiziamente, non solo i burattinai dell’Establishment. Per decostruire questo mondo civilizzato ( antropocentrico, meccanicista, sessista, tecnoculturale ) è necessario , perciò, decivilizzare noi stessi, decivilizzare il nostro immaginario, dobbiamo cominciare a far crescere dentro di noi una consapevolezza critica verso l’universo civilizzato che ci sovrasta, in modo da poter smantellare dentro di noi la forma mentis della tecnocultura, a partire, ad esempio, dalla falsa neutralità della tecnologia, per renderci coscienti della trasmutazione dell’umano in macchina ( homo cyborg, secondo Gunther Anders, Philip K. Dick, Ray Bradbury).
Mario Cenedese